di Carlo Goldoni

regia di Giorgio Strehler

messa in scena da Ferruccio Soleri

con la collaborazione di Stefano de Luca

scene di Ezio Frigerio

costumi di Franca Squarciapino

musiche di Fiorenzo Carpi

luci di Gerardo Modica

movimenti mimici di Marise Flach

maschere di Amleto e Donato Sartori

con  Ferruccio Soleri, Enrico Bonavera, Giorgio Bongiovanni, Francesco Cordella,

Alessandra Gigli, Stefano Guizzi, Pia Lanciotti, Sergio Leone, Tommaso Minniti,

Katia Mirabella, Eugenio Olivieri, Stefano Onofri, Annamaria Rossano

e i suonatori Gianni Bobbio, Paolo Mattei, Francesco Mazzoleni, Elisabetta Pasquinell,

Celio Regoli
genere: commedia dell’arte

durata: tre ore con due intervalli

Esclusiva Sud Italia

Personaggio del mondo come pochi altri, noto in tantissimi paesi magari con nomi diversi, Arlecchinorappresenta con la sua maschera da gatto, il suo costume a pezze multicolori, la sua lotta quotidiana per sconfiggere la fame, la sua infantile simpatia, la sua capacità di inventare scherzi, il suo carattere ingenuo ma coraggioso nel battersi contro ogni ingiustizia, l’anima popolare del teatro. L’Arlecchino del Piccolo Teatro è andata in scena nella sua prima edizione nel lontano 1947 ed è in assoluto lo spettacolo non solo italiano più visto al mondo, con i suoi sessant’anni di vita pieni d’energia e di creatività che hanno conquistato i pubblici più diversi d’ogni latitudine. Nato dalla penna e dall’amore per il teatro di uno dei più famosi drammaturghi della scena italiana, Carlo Goldoni, nel Settecento, quando ormai la commedia dell’arte aveva esaurito il suo ciclo e la sua forza trasgressiva. Così questo Arlecchino vive sotto i nostri occhi il passaggio da maschera a personaggio in carne e ossa per il quale non contano solo i giochi e la ribellione, ma la riflessione e il pensiero. Lo spettacolo porta la firma di Giorgio Strehler, uno dei più famosi registi di tutti i tempi, che ha saputo reinventare una tradizione che sembrava perduta, ha trovato in Ferruccio Soleri il suo interprete d’elezione: questo spettacolo cult ha compiuto, non solo metaforicamente, un lungo viaggio attraverso le dieci edizioni che hanno accompagnato la sua vita di ininterrotto successo, ritornando di fronte ai suoi pubblici ogni volta diverso, più profondo e più ricco di umanità. Acquistando una profondità, un’evidenza che rendono le sue peripezie immediatamente comprensibili aldilà della diversità della lingua. Basta abbandonarsi al fluire della vita che si propaga, nella semplicità delle scene, attraverso il corpo dell’attore, grazie a un’arte semplice e antica che scende dal palcoscenico alla platea, calda come un abbraccio.

 

L’Arlecchino è un fatto straordinario nella storia del teatro mondiale. Questo spettacolo ci ha accompagnato per tutta la vita, rinnovandosi volta per volta. Centinaia di attori lo hanno recitato. Ci sono degli spettatori che l’hanno visto nascere, poi, anni dopo, l’hanno visto rinascere; dopo altri, l’hanno riconosciuto in Italia o nel mondo… Forse un grande libro avrebbe potuto essere scritto su questa storia: la storia di un solo spettacolo, ripetuto ma non ricopiato quasi all’infinito. Nessuno l’ha scritto e credo che nessuno lo scriverà. Se noi teatranti, per compiere il nostro meraviglioso e disperante mestiere, dovessimo aspettare quelli che scrivono, non ci sarebbe più una ribalta che si accende nel mondo. Noi facciamo il teatro. Altri lo guardano. Altri ancora lo descrivono e lo ricordano. I più lo dimenticano. O credono di dimenticarlo; perché io penso che un atto teatrale d’arte, vitale, compiuto, rimanga dentro al pubblico come una memoria sepolta e non perduta. … Di Ferruccio che posso dire, ancora, che già non sia stato detto o scritto, in tanti anni di vita trascorsi insieme sulle scene? Il mio Arlecchino è lui, personaggio ormai affrancato, libero dalla schiavitù del tempo che passa: eppure lui sa, ogni volta, rinascere sempre nuovo, sempre unico. … Un altro segno, non di celebrazione come sempre un po’ funebre, ma di nascita. Per il resto, l’Arlecchino sarà come sempre pieno di storia e di ricordi; ma anche di nuovi suoni, di nuove sorprese.

Giorgio Strehler

 

Giorgio Strehler, triestino ma con radici austriache, slave e francesi, nasce in una famiglia di artisti di teatro e di musica; si forma a Milano, dove si diploma presso l’Accademia dei Filodrammatici, e fonda  nel 1947 con Paolo Grassi e Nina Vinchi, il Piccolo Teatro. In oltre cinquant’anni di spettacoli e di attività ha perseguito un teatro come forma d’arte per tutti, calata nella vita reale in un continuo rapporto di scambio culturale con gli altri teatri europei e impegnandosi nella formazione degli attori. Oltre duecento gli spettacoli che portano la sua firma, tra regie di prosa e  regie liriche. E’ scomparso la notte di Natale del 1997.

 

Ferruccio Soleri nasce a Firenze, dove frequenta la Facoltà di Matematica e Fisica, per poi approdare all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma. Il debutto teatrale è nel 1958 al Piccolo Teatro di Milano con un’opera di Pirandello, cui seguono Goldoni, Lorca, Babel, Ibsen, Brecht, Shakespeare, Molière, Marivaux e Gogol, sotto la direzione di registi come Strehler, Chéreau, Huston, Squarzina, Guicciardini, Puggelli, Vitez. Nel 1972 esordisce anche come regista di teatro, realizzando poi spettacoli a Salisburgo, Monaco di Baviera, Lione, Parigi, Karlsruhe, Zurigo, Bruxelles e nei più celebri teatri d’Italia. E’ entrato nel Guinness dei primati come l’attore che più di tutti ha recitato lo stesso ruolo nella vita.

 

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