di Aldo Nove
drammaturgia di Federica Fracassi, Renzo Martinelli, Aldo Nove
progetto, regia e scene di Renzo Martinelli
musica dal vivo di Guido Baldoni
con Federica Fracassi, Gabriele Calindri,
Roberta Rovelli, Roberto Rustioni
genere: teatro contemporaneo
durata: un’ora e 10 minuti senza intervallo
Esclusiva Sud Italia
Un testo d’inchiesta, pubblicato da Einaudi nel 2006, che affonda le mani nella precarietà nel lavoro e nella vita di intere generazioni italiane. Aldo Nove racconta il sogno perduto di una generazione di adulti costretti loro malgrado a rimanere bambini. Nodo centrale del copione tratto dal testo di Nove e della sua messinscena è l’impatto della mancanza di lavoro o della sua fragilità sull’esistenza di un’intera generazione, bloccata dall’impossibilità di progettare, di comprare una casa, di mettere al mondo un figlio, di costituire una famiglia. L’universalità delle storie raccontate è dunque il cuore di questo singolare spettacolo che ha per protagonisti persone come noi, arrabbiate o disilluse verso una realtà che si fa sempre più cupa e verso un Paese incapace di costruire un futuro per i suoi giovani cittadini.
Aldo Nove, dopo la laurea in filosofia morale, comincia a pubblicare dal 1996 per Einaudi racconti e raccolte di poesia che lo vedono protagonista di quel filone letterario pulp dei cosiddetti “cannibali”, da cui si allontana nel 2000 con una svolta intimista e esistenzialista che si intreccerà con l’interesse per le questioni sociali. Con Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese… vince il Premio Stephen Dedalus. Edoardo Sanguineti lo ha inserito nel suo Atlante del Novecento Italiano, come autore che chiude il Secolo delle Avanguardie della letteratura italiana.
Attrice pluripremiata (Premio Ristori, Premio Olimpici del Teatro, Premio della Critica Teatrale), Federica Fracassi oltre a essere una delle interpreti di maggior talento della sua generazione conduce, insieme a Renzo Martinelli, il progetto di Teatro i, una vera e propria factory del teatro contemporaneo, attivo a Milano con successo da qualche stagione. Interprete di talento, sensibile alle nuove drammaturgie, votata alle scritture più visionarie, feroci, poetiche degli ultimi anni.
Gabriele Calindri, figlio del grande Ernesto, nato nel 1960, ha respirato sin da piccolo l’atmosfera del teatro. Lavora come doppiatore per la televisione e il cinema e in teatro alterna la regia alla recitazione (“la regia non può essere una fredda strategia di movimenti, diventa sterile. Gli attori amano essere diretti e ovviamente bisogna saper dirigere”). Fra i suoi maestri Peter Brook e Jerzy Grotowsky.